Monastero di San Pietro Lamosa

Monastero di San Pietro Lamosa

La Chiesa di San Pietro in Lamosa è posta a belvedere sulle torbiere, ad aula unica suddivisa in quattro campate da archi traversi, copertura a capriate a vista; la navata centrale termina con abside fiancheggiata da due absidiole ed è accostata sul lato settentrionale da quattro cappelle di epoche diverse.

Il Monastero di San Pietro in Lamosa è posto a belvedere sulle torbiere, su un rialzo roccioso che domina l’attuale riserva naturale. Il toponimo Lamosa è legato proprio alla presenza delle zone paludose sottostanti che popolarmente erano denominate “Lame”. La sua fondazione non ha una data certa. Tuttavia le fonti riportano che, nell’anno 1083, esso venne donato da parte di Teobaldo e Oprando de Tocingo, due fratelli dell’aristocrazia longobarda, al monastero di Cluny. Questo documento attesta che la chiesetta era già consacrata ed edificata nel momento in cui i fratelli la donarono e probabilmente erano presenti soltanto l’altare e la zona presbiteriale. Pochi anni dopo l’edificio religioso fu completato e venne aggiunto il monastero.

L’indagine archeologica del 1988 ha studiato le fondazioni della fase più antica della chiesa che era a tre navate e tre absidi con un atrio chiuso prospiciente la navata centrale e ha stabilito che il livello della pavimentazione medievale si è conservato pressoché immutato nei secoli. Questo primitivo complesso fu il primo e il più antico sito cluniacense del Sebino. Successivamente il monastero passò ai Benedettini che vi apportarono notevoli modifiche. A causa di una lunga crisi che afflisse il monastero, nel 1476 i monaci scelsero di abbandonare la chiesa che divenne la parrocchiale del paese. Una lapide in latino ricorda il passaggio, avvenuto nel 1536, della chiesa ai canonici regolari di San Salvatore in Brescia che vi rimasero fino al 1783. Da allora, il monastero è stato quasi ininterrottamente proprietà privata della famiglia Bergomi. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento gli edifici subirono notevoli danni a causa delle intemperie e degli atti vandalici. Nel 1983 la chiesa e la cappella vennero donate alla parrocchia che, grazie all’aiuto dell’associazione “Amici di San Pietro”, ha provveduto al restauro. La chiesa è stata ampliata e trasformata in momenti diversi, intervenendo prevalentemente sul lato nord. Il primo ampliamento è quello delle due cappelle prossime all’absidiola a sinistra dell’altare maggiore, che all’esterno appaiono come un corpo unico di fabbrica in pietre squadrate, con lesene ed archetti, tipici del romanico lombardo. Nel 400 si eresse la terza cappella, con muratura esterna in pietra e laterizi, coronata da archetti in cotto; si alzò la navata centrale e al campanile si aggiunse la cuspide in cotto. Tra il 1497 e il 1500 si aggiunsero la sagrestia e la quarta cappella.

La chiesa attuale è ad aula unica suddivisa in quattro campate da archi traversi, con copertura a capriate a vista. Sulla facciata restano tracce del passato medievale dell’edificio soprattutto nel portale del vestibolo. L’interno della chiesa si presenta in stile quattrocentesco con i pilastri e le pareti che riportano tracce della pittura che si è susseguita nel corso del tempo, soprattutto tra il XII e il XIV secolo. La pittura più antica è una rappresentazione della Vergine Annunciata risalente al 1100-1200; resti di pittura coeva sono nascosti nel sottotetto. Altri affreschi databili fra il Trecento e il Cinquecento, non sono attribuibili a ben determinati autori: sono immagini votive devozionali, alcune di buona esecuzione. Nel Cinquecento si avviò anche un tentativo di unità decorativa con una fascia ornamentale a raffinate volute floreali, intervallate con busti di Santi. Tra gli affreschi rilevanti spicca l’Annunciazione, nella parte superiore della terza campata a destra (guardando dal presbiterio). L’opera è un esempio dell’alto livello raggiunto dalle maestranze chiamate all’esecuzione; nell’opera si possono apprezzare influssi toscani mediati da scuola veronese. Notevole anche una Madonna col Bambino: l’esotico particolare del pappagallo, di significato allegorico, è databile al XIII secolo mentre la testa della Vergine è stata ridipinta nel XIV secolo. Anche i pilastri della chiesa sono affrescati con Santi racchiusi in finte nicchie, probabilmente opera del pittore provagliese Toselli. Gli altri affreschi che coprono le pareti sono databili tra la fine del Quattrocento e il primo ventennio del secolo successivo.
Nella quarta cappella a sinistra, detta la Cappella della Scola del Santissimo, ammiriamo affreschi del Cinquecento, alcuni eseguiti da Paolo da Caylina il Giovane: nella volta Evangelisti e Dottori della Chiesa, nelle lunette Sibille, Profeti, la regina di Saba e la Sacra Famiglia. Sull’altare è collocata una pala raffigurante il Ringraziamento alla Madonna del Rosario attribuita a Francesco Giugno. Accanto alla chiesa il semplice e piccolo chiostro quattrocentesco allinea lungo le pareti vari frammenti architettonici della chiesa romanica e due rilievi a intreccio che, forse, erano parte della recinzione del presbiterio. Il campanile nella parte bassa è coevo alla prima chiesa, mentre la cuspide fu realizzata nell’ultima fase di trasformazione (sec. XV). Sul sagrato dirimpetto alla chiesa sorge la cappella dei morti, in passato chiesa cimiteriale e l’edificio della Disciplina di S. Maria Maddalena. La Disciplina documentata dal 1505, fu costruita con lasciti e donazioni della popolazione e dei nobili Fenaroli e fu luogo di culto e di dottrina per molti secoli. Nel Novecento i due ambienti di cui è costituita furono intonacati a calce e destinati per alcuni decenni ad abitazione privata.
Nel 1988 vi si fece un primo restauro, riportando alla luce i resti degli affreschi di cui era interamente ricoperta: grandi riquadri che rappresentano la passione la morte e la resurrezione di Cristo. Si discute se il ciclo sia rimasto incompleto o se alcuni riquadri siano volutamente eseguiti in color seppia, tanto da sembrare sinopie. Per la loro impostazione e interpretazione alcuni critici si rifanno alle incisioni di Martin Schongauer e di Albrecht Dürer. Sotto la linea del tetto corre un fregio a elementi vegetali con medaglioni di angeli.

Il Monastero di San Pietro in Lamosa è nel Comune di Provaglio d’Iseo, in provincia di Brescia, situato tra i vigneti e le colline della Franciacorta, a pochi minuti dal Lago di Iseo e dal casello autostradale di Rovato. Per raggiungerlo:

In auto

Autostrada A4, Uscita Rovato km 15 proseguire in direzione Valle Camonica Lago d’Iseo. Giunti a Corte Franca (Timoline) prendere per Provaglio d’Iseo;

Partendo da Brescia tramite la SS ex 510 (uscire a Camignone e seguire per Provaglio d’Iseo).

In treno

Partendo da Brescia, lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo scendere alla stazione di Provaglio-Timoline. Uscendo a piedi dalla stazione, mantenete la sinistra e proseguite diritto (Via Stazione Nuova, Via Repubblica): in fondo alla strada, troverete il Monastero ad accogliervi.

In autobus

Partendo dalla Stazione degli autobus di Brescia, lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo scendere alla fermata in Via Sebina (di fronte all’ingresso del Monastero).

In bicicletta 

Da Brescia tempo di percorrenza 2 ore circa, percorrere la ciclabile Brescia-Paratico fino a Provaglio d’Iseo.

Informazioni 

Per  maggiori informazioni sul Monastero, sulle prenotazioni, le attività e gli eventi è possibile chiamare il numero dedicato 338.4936964 o scrivere a monastero@comune.provagliodiseo.bs.it  oppure a  ufficiocultura@comune.provagliodiseo.bs.it

Info e prenotazioni: monastero@comune.provagliodiseo.bs.it  o 338.4936964

 

Bibliografia
A. Breda, A. Valsecch,i S. Pietro in Lamosa. La vicenda architettonica tra Medioevo e Rinascimento, in San Pietro in Lamosa. Storia e arte, a cura di F. Sina e A. Valsecchi, Provaglio d’Iseo 2004. 
L. Anelli, Le pale d’altare del Cinque, Sei e Settecento, in San Pietro in Lamosa. Storia e arte, idem.
F. Troletti, Provaglio di Iseo: un ciclo pittorico da svelare, in Topografia artistica tra Medioevo e Rinascimento in Franciacorta e nel Sebino, Atti del convegno CCFS, Brescia 2006.